Esistono film geniali concepiti da menti altrettanto geniali. The Truman Show? È decisamente uno di quei film che, con la giusta leggerezza e il giusto messaggio, riescono a colpirti. Diretto da Peter Weir e proiettato per la prima volta nelle sale cinematografiche nel 1998, racconta la storia di Truman Burbank (interpretato da un brillante Jim Carrey), un uomo che trascorre una vita tranquilla nel tranquillo isolotto di Seahaven. Una vita perfetta e perfettamente illusoria; Truman è l’inconsapevole star del programma televisivo The Truman Show, trasmesso 24h su 24 in diretta, senza censure, sin dal giorno in cui è nato. Tutto il mondo conosce Truman, eppure Truman non conosce il mondo. La realtà che lo circonda è una finzione: i genitori, la moglie, il migliore amico e tutti i concittadini non solo altro che attori. La stessa Seahaven è un isolotto artificiale, un gigantesco studio. Tutte le comparse hanno un compito: soddisfare la volontà del regista Christof, creatore del programma televisivo, di Seahaven e, in un certo senso, dello stesso Truman.
I primi sospetti di Truman e il ricordo di un incontro avvenuto negli anni della giovinezza, stravolgono l’iniziale disegno di Christof. La strada del protagonista si incrocia con quella di Lauren: tra i due la sintonia è inevitabile e la giovane donna, turbata, decide di rivelar lui la verità. Il suo vero nome è Sylvia, è un’attrice ingaggiata dalla produzione così come tutti gli abitanti di Seahaven: esorta Truman ad aprire gli occhi.
[…] e il cielo e il mare fanno parte di un set, di uno show. Ti stanno guardando tutti.
Un disperato tentativo che si conclude con l’arrivo del “padre” di Lauren, ennesimo attore il cui compito è modificare gli eventi secondo la volontà del regista. Si intromette nella scena, sostenendo che la figlia soffre di schizofrenia e le sue parole non sono altro che vaneggiamenti. Annuncia l’imminente partenza alla volta delle Fiji. Truman non dimenticherà questo incontro e spera di poter raggiungere le isole per ricongiungersi con la donna.
Le menti geniali che hanno concepito questo classico del cinema hanno ben pensato di giocare con i nomi dei personaggi; basta pensare a Truman e Christof. Dall’inglese true (vero) e man (uomo), Truman è l’unico vero uomo dello show; i suoi sentimenti, le emozioni e le reazioni sono sincere, certamente non frutto di un copione. Il nome di Christof, regista dello show, rimanda a Christ, il creatore. Spesso, in un qualsiasi prodotto cinematografico, una divinità è simboleggiata dai raggi del sole o dalla luce stessa, e questo luogo comune viene ripreso in una delle ultime scene in cui Truman e Christof intraprendono una conversazione per la prima volta in trent’anni: il regista dello show diventa una voce rappresentata semplicemente dai raggi del sole, ricordando la visione comune di un creatore.
Marlon, amico d’infanzia di Truman, dichiara
È tutto reale, è tutto vero. Non c’è niente di inventato, niente di quello che vedi nello show è finto. È semplicemente controllato.
Ma come può essere reale, ciò che è finzione e manipolazione? È sottile, quasi inesistente, il filo che separa la storia di Truman e il mito della caverna di Platone, filosofo greco. Nel mito, degli uomini sono tenuti prigionieri in una caverna; costretti a guardare ombre prodotte da un fuoco e da statuette di cui non conoscono l’esistenza, credono che le ombre siano la realtà perché è l’unica che vedono.
Accettiamo la realtà del mondo che ci viene presentato
sostiene Christof. Ma nel mito della caverna, un uomo riesce a liberarsi dalle catene che lo costringono a guardare le ombre, vede il fuoco, vede le statue. Comprende di aver vissuto un’illusione, che la realtà non è quella che ha visto per tanto, troppo tempo. Truman è quell’uomo, ha saputo liberarsi dalle catene, ed è esattamente ciò che ognuno di noi dovrebbe fare.
Questo film, nella leggerezza dei dialoghi, riesce a trasmettere un forte messaggio. Tra le frasi più interessanti di Christof, ricordiamo: “Se fosse determinato a scoprire la realtà, noi non potremmo fermarlo”, “Truman preferisce la sua cella”, “Tu hai paura, per questo non vuoi andar via”.
Spesso preferiamo sottrarci alla realtà per rintanarci nella nostra comfort zone, perché intimoriti. La paura incatena l’uomo, eppure è l’uomo a darle questo potere.