Marco Mengoni, cantautore del XXI secolo, vinse la terza edizione del Talent Show “X-Factor” nel 2009 ed è conosciuto per la profondità dei suoi testi. Nel 2010 e nuovamente nel 2015 fu il primo artista italiano a vincere il Best European Act agli MTV Europe Music Awards. Tra le canzoni più conosciute ricordiamo: “L’Essenziale” (2013), “Guerriero” (2015), ed in particolar modo il singolo pubblicato nel 2015 “Esseri umani”. È una canzone dalla disarmante semplicità, la cui funzione è ricordarci che nonostante le differenze siamo tutti esseri umani forti e fragili, portatori di un tesoro di inestimabile valore che è racchiuso nella nostra anima ed imperfetti, poiché naturalmente portati a commettere degli errori, ma anche dotati di pietas, ossia quel sentimento insito nella natura umana che ci dovrebbe indurre a rispettare ed amare il prossimo e a perdonare reciprocamente le nostre colpe.
Il testo di questa canzone, genuino e autentico diventa un eccelso spunto di riflessione sul ruolo che al giorno d’oggi viene attribuito all’eterno valore di Humanitas.
È un appello a riscoprire l’essenza dell’essere umano, al di là di ogni etichetta assegnata da una società che tende a livellare le differenze e a promuovere atteggiamenti conformistici. È un invito ad essere se stessi e a rinunciare alle maschere, che, oltre a distorcere il nostro essere, nascondono la nostra unicità. È la condanna del pregiudizio e dello stereotipo, l’affermazione di se stessi. Errare è umano e spetta a colui che ha sbagliato rendersi conto dei propri errori e ritornare sui suoi passi.
Nel testo possiamo notare come la società odierna sia costantemente offuscata dal giudizio dell’immagine.
Tendiamo a distruggere chiunque ci ostacoli e al contempo abbiamo tendenze autodistruttive, spesso dando troppo peso alle critiche di chi è solo invidioso o incapace di amare. È un invito ad amare il prossimo e rispettarlo, uscendo dal labirinto dell’egoismo, dell’indifferenza, delle apparenze, dell’interesse personale per guardare solo all’anima di ogni uomo, alla bellezza delle proprie diversità e fragilità.
L’uomo è artefice della sua fortuna, come disse Appio Claudio Cieco e, in quanto tale, deve essere capace di scalfire il guscio dell’indifferenza che, malgrado gli sforzi, si inspessisce sempre di più.
Gli ideali eterni ripresi anche dalle Palliate di Terenzio sottolineano quanto fosse importante, anche in tempi che potrebbero sembrare remoti, vivere in prima persona e soffrire per ciò per cui soffre l’altro e gioire per ciò per cui gioisce l’altro.
Publio Terenzio Afro, commediografo romano, fu un vero e proprio innovatore nella Roma del II secolo a.C., ormai educata alle commedie di stampo plautino, caratterizzate da doppi sensi, paradossi e da personaggi i cui vizi e difetti spiccano. Terenzio offre una nuova prospettiva, conferisce ai personaggi un peculiare profilo psicologico, una propria personalità ed emergono paure ed emozioni. Così facendo, rende umani i protagonisti delle sue opere, capaci di migliorarsi; colgono l’Humanitas degli altri e dagli altri, così come Terenzio riesce a cogliere l’essenza dell’umanità.
Per concludere, i due autori, pur essendo di epoche completamente differenti tramite le loro citazioni “Homo sum humani nihil a me alienum puto” (“Sono un essere umano, niente di ciò che riguarda l’essere umano lo considero estraneo”) tratta dalla commedia intitolata “Heautontimorumenos” di Terenzio e “Io sono uno qualunque, uno dei tanti uguale a te” di Mengoni vogliono farci comprendere che siamo tutti attori di un unico scenario: la vita.