Intervista a Santino Scarcella, appassionato di modellismo edile
La regola delle cinque P: Passione, Precisione, Pignoleria, tanta Pazienza e un po’ di Pazzia
Diggià la Sicilia sorgeva come una nuvola in fondo all’orizzonte. Poi l’Etna si accese tutt’a un tratto d’oro e di rubini, e la costa bianchiccia si squarciò qua e là in seni e promontori oscuri.
Giovanni Verga
La Sicilia è da sempre una meta turistica ambita dai cittadini di ogni nazionalità. Il suo clima mite, i monumenti, molti dei quali figli della civiltà arabo-normanna, le pietanze prelibate, il mare di un azzurro cristallino e le spiagge di incredibile bellezza, sono le caratteristiche principali che rendono quest’isola un gioiello.
È una terra che nel lento snocciolarsi dei secoli ha visto passare sul proprio suolo praticamente tutti, perché tutti hanno sempre ambito a far propria un’isola che stava al centro del Mediterraneo quando il Mediterraneo era il centro del mondo: Ausoni, Fenici, Ioni, Dori, Cartaginesi, Romani, Vandali, Goti, Ostrogoti, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Sabaudi, Austriaci, Borbonici, fin poi all’unificazione italiana, i Siciliani hanno visto davvero scorrere tutta la storia davanti ai loro occhi. Tutte queste dominazioni hanno lasciato la loro traccia nella cultura e nell’arte siciliana.
Un esempio è, come ci racconta il dott. Santino Scarcella, geometra dipendente della Prefettura di Messina che nel tempo libero ama cimentarsi nel modellismo edile e che noi di Classic Blog abbiamo avuto il piacere di intervistare, l’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò, presso Casalvecchio Siculo, uno fra i più interessanti siti basiliani fondati in Sicilia in epoca normanna.
“Nacque nel 1117 quando un monaco di nome Gerasimo chiese al Re dei Normanni, Ruggero II, il permesso e l’aiuto economico per riedificare un monastero sito lungo la fiumara di Agrò, evidentemente distrutto durante l’invasione musulmana e probabilmente risalente al 560 d.C., anno in cui arrivarono in Sicilia i Padri Basiliani. Fu danneggiata dal terremoto del 1169 che interessò tutta la Sicilia orientale, e, quindi, fu sottoposto a restauro nel 1172 dall’architetto Gherardo il Franco, primo ed unico nome di architetto giunto da epoca normanna ai giorni nostri, come si apprende dall’iscrizione in greco posta sull’architrave della porta d’ingresso: «Fu rinnovato questo tempio dei SS. Apostoli Pietro e Paolo da Teostericto Abate di Taormina, a sue spese. Possa Iddio ricordarlo. Nell’anno 6680. Il capomastro Gherardo il Franco» Perché 6680? 6680 corrisponde nella cronologia greco – bizantina al 1172 in quanto gli anni si calcolavano dall’origine del mondo ovvero 5508 anni prima della venuta di Cristo.”
Da quanto tempo nutre questa passione? È scaturita da un particolare evento o ritiene sia una passione innata?
Questa passione inizia circa diciotto anni fa, quando mia moglie aspettava il secondogenito e allora per dedicarmi a lei e starle più vicino ho iniziato creare qualche presepino in cartone o segatura, iniziai da qui. Dopodiché negli anni successivi ho riscoperto la pietra lavica, la pietra di fiume, c poi ho realizzato nove modellini di mia invenzione, tutti formati di pietra, incollata col collante per i pavimenti e anche con dei panetti di argilla.
Quando ha realizzato questa riproduzione dell’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò e quanto tempo ci ha impiegato? È stato un lavoro faticoso o si è rivelato piacevole?
Ho iniziato a dedicarmi alla riproduzione dell’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo D’Agrò nell’autunno del 2012; ho impiegato circa un anno e tre mesi, perché quando qualcosa si fa con passione la fatica bisogna metterla da parte. Ho sempre detto che per fare qualcosa del genere bisogna seguire la regola delle 4P “Passione, Precisione, Pignoleria e tanta Pazienza” e aggiungerei anche una quinta P “un po’ di Pazzia”. Questo appunto è basilare, perché per impilare quasi 30.000 mattoncini uno sull’altro ci vuole molta pazienza e molta precisone e come ho detto un po’ di pazzia.
Perché ha deciso di realizzare proprio quest’opera? Cosa l’ha colpito di questo maestoso monumento?
L’Abbazia nasce da una provocazione, una provocazione nata nell’estate del 2012, in quanto a seguito della famosa “Notte Bianca” di Santa Teresa di Riva, il noto storico e mio amico architetto Salvatore Coglitore, che in tanti conoscono, mi fece questa provocazione. Mentre stavo esponendo i miei modellini in pietra a cui accennavo poco fa, mi ha detto “Tu sei capace di fare l’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo sicuramente” e io gli ho detto “Ma guarda sicuramente no, è un’opera molto difficile, ci vogliono i progetti, il reperimento di materiali ,quindi vediamo un po’ ”.L’ho presa come una sfida e l’ho subito iniziata dopo aver avuto contezza di avere tutti i materiali possibili e immaginabili per l’opera.
Mi ha colpito tanto la maestosità di questa straordinaria struttura normanna.
Quali materiali ha utilizzato per costruire questa abbazia?
Questo innanzitutto è un modellino in scala 1:25, ho utilizzato i materiali che effettivamente ci sono nell’Abbazia vera e propria, il mattone, che è stato riprodotto con dei panetti di argilla, la pietra di Taormina per fare il portale interno, il marmo bianco e l’ardesia nera. Sono partito, innanzitutto, dagli interni, poi sono state ricavate le pareti interne e il colonnato; dopo gli interni e le volte come sono artisticamente riportate su quella originale, si è passato poi agli esterni con un lavoro di muratura ossia con i collegamenti di tutti i materiali aiutandomi con le fotografie e le proporzioni. Non era così l’abbazia, si presume che la facciata principale fosse alla pari delle merlature che “giravano” e le scale permettevano ai soldati e ai Normanni di salire sui tetti. La prova che la parte superiore dell’Abbazia fosse pedonabile e usufruibile da parte dei Normanni è un “merlo” che tende a girare lungo il perimetro dell’Abbazia stessa quasi a chiudere il cerchio dal lato meridionale della struttura. Le cupole a quanto sembra potevano essere verosimilmente quattro: le due già esistenti più le altre due che erano sulla sommità dei vani-scala.
Il motivo per il quale era accessibile ai soldati normanni è che serviva difendere l’Abbazia dagli attacchi dei nemici. I soldati normanni si catapultavano attraverso una botola e lanciavano frecce e lance da queste feritoie.
La sua esperienza artistica si colloca nella nostra Sicilia, terra dalle infinite bellezze artistiche e paesaggistiche. Quanto la sua passione è figlia dell’amore per la sua terra?
La passione è immensa, noi Siciliani amiamo moltissimo la nostra terra e non c’è dubbio che abbiamo numerosi artisti. Senza dubbio, ha una certa rilevanza la mia mia passione per la Sicilia e, quindi, per l’arte siciliana.
Bene, siamo giunti alla fine la ringraziamo per aver speso del tempo con noi e per aver accettato di fare questa intervista
È stato un piacere anche da parte mia e vi auguro tantissima gioia e chissà magari anche voi col tempo vi cimenterete nell’arte siciliana, nella riproposizione di ciò che abbiamo in Sicilia e magari anche nell’invenzione di cose nuove.