La bellezza salverà il mondo o forse no?
Un viaggio attraverso i secoli alla scoperta di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all'anima.
Se chiedessero alle persone di rispondere alla domanda “Cos’è per te la bellezza?” ognuno darebbe un’interpretazione personale diversa dagli altri. Questo perché probabilmente è impossibile dare una definizione univoca, visto che ogni epoca e ogni cultura ha interpretato e coniugato il concetto in maniera del tutto diversa.
L’estetica intesa come lo “studio della bellezza” affonda le sue radici nella Grecia del V secolo a.C.
Platone riteneva la bellezza matematica la più alta forma di bellezza e sosteneva che non bisognasse basarsi sui sensi che, invece, erano ingannevoli; per questo disprezzava l’arte che reputava il livello conoscitivo più basso, la μίμησις μίμησεος “l’imitazione dell’imitazione” quindi lontanissima dal mondo perfetto delle idee. Per Platone, inoltre, abbracciando l’ideale greco della καλοκαγαθία, il Bello coincideva con il Bene, quindi ciò che era bello non poteva che essere anche buono.
Per Aristotele, discepolo di Platone, una cosa era bella quando realizzava pienamente il suo scopo, che coincideva con la sua forma; nella sua “Poetica”, spiega che “per essere bella, una creatura, così come qualunque oggetto formato da più̀ parti, deve presentare un certo ordine riguardo alla composizione di tali parti” e nella “Metafisica” spiega, infatti, che “le principali forme della bellezza sono l’ordine, la proporzione e l’organicità”.
All’inizio del III secolo d.C. abbiamo una visione diversa della bellezza con Plotino, il padre del neoplatonismo, essa è la capacità della materia di risplendere nella sua forma la manifestazione visibile del divino: attraverso la contemplazione del bello l’uomo può intraprendere quel cammino di purificazione, di riscoperta di sé e di elevazione spirituale.
Sant’Agostino, invece, associa spesso la parola “bellezza” al nome divino definendo Dio “bontà e bellezza, nel quale, dal quale e per il quale è buono e bello tutto ciò che è buono e bello”. Otto secoli più tardi, san Tommaso d’Aquino propone una visione della bellezza che cerca di armonizzare la visione aristotelica con i precetti cristiani: Bello è “ciò che piace alla nostra vista”, scrive nella sua Summa Theologica, partendo dall’assunto fondamentale che ciò che è bello (e buono) riconduce inevitabilmente a Dio.
E così, andando avanti nei secoli, sempre nuove concezioni di bellezza sono state portate avanti da pittori, filosofi, letterati…senza contare poi l’evoluzione dei canoni di bellezza (delle persone) al passo coi tempi e le varie culture.
Persino Darwin si è chiesto se esistessero “parametri” di bellezza propri di ogni specie, ma la verità è che nessuno può dare una definizione di bellezza che sia valida anche per la percezione altrui del bello.
Se guardiamo alla realtà odierna, mai come ora sembra che tutto si debba ridurre alla nostra immagine. Basta fare un giro su un qualsiasi social network per notare l’ammirazione che la gente nutre per modelli di bellezza perfetti, un’ammirazione che ci porta a credere che l’unica vera bellezza di un essere umano sia quella delle apparenze. Da ciò scaturisce una sorta di atelofobia, abbiamo paura di non essere abbastanza e ciò ci rende infelici.
Ma chi ha deciso che quella è la perfezione?
La bellezza non è tutto, Thomas Mann non si sbagliava a dire “La bellezza ci può trafiggere come un dolore”; questo “dono” si rivela spesso una condanna: ti impoverisce, ti fa apparire per come non sei, per non parlare dei soliti stereotipi “se sei bello non puoi essere anche intelligente”, “se sei bello sicuramente te la tiri” e varie ed eventuali.
La bellezza è negli occhi di chi guarda… una frase di Oscar Wilde che tutti abbiamo ascoltato molte volte, se andiamo oltre la verità scientifica di questa affermazione (alla vista di una cosa bella il cervello rilascia dopamina che provoca, tra le altre cose, la dilatazione della pupilla) descrive in poche parole ciò che la bellezza sia realmente: un’esperienza soggettiva.
Nonostante ci siano caratteristiche che rendono più probabile il fatto che una “cosa” o una “persona” risultino “belle” agli occhi degli altri, non esiste qualcosa universalmente bella o universalmente brutta.
L’unicità di ognuno di noi, il nostro vissuto ci fa vedere la bellezza là dove altri non la vedono, e nel caso delle persone non è riconducibile per forza a un fattore estetico ma anche ai modi di fare o ai tratti della personalità individuale.
“Pensa a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice” disse Anna Frank, cosa c’è di più bello che diventare capaci di vedere bellezza in ogni cosa?
Magari anche in noi stessi.